Stalking: la vittima, il carnefice e il legame che li divide -seconda parte-

Dopo le generali premesse della prima parte entreremo nel vivo della nostra riflessione.
Cercheremo di snodare il ragionamento a partire dal vissuto proprio del bambino che ha percepito una mancanza da parte dei genitori, cercando di comprendere il percorso che lo ha portato, ormai adulto, a riversare sulle relazioni affettive tutte le problematiche connesse a questa ferita narcisistica antica, a diventare uno stalker.
Questo bambino ferito sente un dolore, percepisce una sofferenza ma non ha ancora gli strumenti mentali adatti a fronteggiarla. Non è ancora in grado di formulare un pensiero coerente a riguardo, per esempio, di esprimerlo verbalmente, di ottenere un confronto con l’adulto che lo ha deluso e ferito, confronto che permetterebbe una risoluzione evolutiva del conflitto.
Quello che può fare è soltanto reagire emotivamente a questo torto, riversando il proprio vissuto interiore nella relazione con la madre, secondo un particolare stile di attaccamento, un particolare modo di comportarsi con lei.
Bowlby è stato uno psicologo e psicanalista che si interessò a lungo al modo in cui il bambino esprime il legame con la madre. A partire dalle osservazioni che fece nel corso di un famoso esperimento di osservazione chiamato  Strange Situation, distinse tre tipi di attaccamento: quello sicuro, quello evitante e quello insicuro/ambivalente.
Il modello di riferimento nel soggetto stalker sembrerebbe corrispondere allo stile di attaccamento insicuro/ambivalente; sarebbe questo dunque il modo che il bambino in questione avrebbe di relazionarsi alla madre.
Gli individui con questo tipo di attaccamento tendono a mettere in atto comportamenti vessatori e molesti ogni qualvolta sentono vicino l’abbandono da parte del partner. La rabbia, l’ostilità, l’ansia legata alla paura di essere abbandonati è particolarmente incisiva, vengono messi in atto comportamenti di controllo atti a tenere stretto a se l’oggetto d’amore, comportamenti che hanno a che fare con una profonda gelosia ossessiva. Ma sara’ proprio questa smania di controllo a mettere in fuga il partner, facendo in modo che il loro incubo peggiore diventi spaventosamente reale.
Il nostro bambino, ormai adulto, si troverà quindi nella penosa situazione di dover rivivere il dramma di una ferita antica.
Il quadro delineato è quello in cui la vittima è una ex partner, un ex intimo, per dirla in modo generico, ma questo tipo di vittima non è l’unico che può diventare bersaglio di stalking.
Altre categorie sono amici e conoscenti, colleghi di lavoro, sconosciuti e personaggi pubblici.
Prima però di occuparci della vittima, delle ripercussioni dello stalking sul suo quadro psicofisico e delle caratteristiche che la rendono bersaglio, forniamo una delle tante classificazioni del carnefice, che ci permetta di capire meglio il motivo per il quale lo stalker sceglie il proprio oggetto d’amore e in che modo lo sceglie.
Come accennato, diverse sono le classificazioni in letteratura.
Quella della quale parleremo per sommi capi venne stesa da un gruppo di ricerca australiano nel 1999 ed ha il pregio di prendere in considerazione la relazione tra soggetto e vittima\bersaglio. Il gruppo guidato da Mullen individuo’ 5 categorie di stalker:
Il rifiutato, il risentito, il cercatore di intimità, l’incompetente,il predatore.
Il rifiutato dà solitamente inizio alle molestie nel momento della rottura della relazione. I suoi vissuti oscillano in modo conflittuale tra il desiderio di riconciliarsi e quello di vendicarsi.
Il risentito considera la vittima colpevole di un gravissimo torto, anche qui la furia molesta è rivolta verso un partner sentimentale.
Il predatore è la categoria più pericolosa in quanto mantiene fermo il preciso obbiettivo di aggredire sessualmente una vittima che sceglie con cura, anche con molta calma e attraverso appostamenti che possono durare settimane, non c’è una relazione precedente allo stalking.
Neanche nel caso del cercatore di intimità esiste un rapporto pregresso con la vittima\bersaglio, la quale diventa però oggetto di attenzioni tese ad allacciare un legame con lei. Si tratta di solito di individui solitari concentrati ossessivamente su una relazione  che esiste soltanto nella loro mente.
Infine l’incompetente, che si rende conto benissimo di non essere desiderato ma perservera nei suoi comportamenti alquanto rozzi di corteggiamento nella ferma convinzione che presto o tardi la vittima cederà. Tende a cambiare spesso bersaglio.
Abbiamo accennato brevemente a questa classificazione in quanto risalta agli occhi una caratteristica comune agli stalker tipo risentito e rifiutato, che è quella di non avere la capacità di elaborare correttamente la fine di una relazione. E c’è qualcosa che li accomuna invece tutti: l’incapacità di costruire e stare efficacemente in una relazione.
Il nostro bambino ferito protesta davanti all’abbandono, oppure tenta disperatamente di sentirsi amato nel modo simbiotico al quale era abituato prima di sperimentare l’insopportabile dolore della separazione, a costo di prendere con la forza il proprio oggetto d’amore.
Ma cos’ha quel bersaglio di tanto stimolante per lui? Perché quella persona e non un altra? Nella terza e ultima parte chiariremo la nostra chiave di lettura che si propone di spiegare la tipologia della vittima scelta in base alla tipologia di ferita sperimentata dallo stalker nell’infanzia. Quale aspetto di sé il bambino sentì rifiutato? In cosa si è sentito deficitario?

Fine seconda parte.
Dott.ssa Roberta Del Frate

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